L'antico Ospedale di San Giovanni di Dio di Firenze

A Firenze, l'inizio dell'attività degli ospitalieri dell'ordine di San Giovanni di Dio è, sul finire del XVI secolo, strettamente collegato alla grave e generale situazione di pauperismo che, quale risultato di ripetute carestie ed epidemie, aveva colpito particolarmente gli abitanti delle campagne che vivevano coi proventi della terra.La città era difatti invasa da mendicanti di ogni tipo e provenienza, tra cui molti contadini spinti in città dalla necessità di lavorare e dalla fame.


Antico Ospedale di San Giovanni di Dio

Le strutture assistenziali cittadine pur eccezionali per antichità e specializzazione risultavano proprio per questo inadeguate ad impegnarsi in un'attività di sostegno che poco aveva a che fare con l'attività sanitaria vera e propria e molto invece con l'impegno caritativo.

Il 4 febbraio del 1588, il granduca Ferdinando I accordò agli ospitalieri di San Giovanni di Dio il possesso dei locali dell'antico ospedale dell'Umiltà in Borgo Ognissanti.

L'origine dell' antico ospedale, che probabilmente traeva il nome dalla presenza nella medesima via del convento dei frati Umiliati, risaliva alla fine del Trecento ad opera del mercante e setaiolo Simone Vespucci, dalla cui famiglia discenderà il più noto Amerigo.

Dall'amministrazione e patronato dei Vespucci l'ospedale era passato poi sotto la sorveglianza della compagnia del Bigallo che era sta investita della sorveglianza e gestione dei piccoli ospedali della città e del contado.

L'ospedale che i capitani del Bigallo cedettero per volontà del granduca ai frati di San Giovanni di Dio era, oltre che sfornito ormai di qualsiasi patrimonio, quasi totalmente in rovina. La povertà del luogo e la malsanità dei locali non scoraggiò i frati che iniziarono immediatemente la loro attività assistenziale rivolta ai poveri infermi.

La modesta attività di accettazione di infermi che contraddistingue tutto il XVII secolo è dovuta ad un impegno caritativo quotidiano che si esercitava principalmente nell'attività del soccorso temporaneo, medicature, cavature di denti, salassi ecc. nei confronti degli abitanti del quartiere e, specialmente esercitato verso i poveri e i mendicanti di passaggio che stazionavano nella medesima via e nei dintorni della vicina Santa Maria Novella.

E' nel XVIII secolo che l'ospedale assume in ambito cittadino, sia per quanto riguarda l'edificio e l'impegno assistenziale, il ruolo del grande ospedale gestito da religiosi, ormai comunemente indicati oltre che come " Fatebenefratelli " ( per l'invito all'elemosina, rivolto ai passanti ) anche come " frati della sporta " per via della grande borsa da essi usata nella " cerca " quotidiana secondo l'insegnamento del fondatore. E' nel '700 infatti che i fatebenefratelli ottennero dal governo mediceo un sussidio di circa 800 scudi per curarvi gli infermi e migliorare la condizione dei locali.

Si inseriscono in quest'ambito i lavori di Carlo Marcellini, autore della facciata della chiesa e di una nuova sistemazione del complesso ospedaliero, tuttavia oggi irrimediabilmente perso nel rifacimento successivo di Per Antonio Tosi di fine '700 e in quello di Ignazio villa della seconda metà del XIX secolo

Sul finire del secolo e ancor più nel corso del successivo il riconoscimento dell'attività dei frati di san Giovanni di Dio è testimoniato dai lasciti che, finalmente, pervengono a costituire un considerevole patrimonio al pari delle altre grandi istituzioni fiorentine e costituiti, principalmente dalle due fattorie di Ruballa e di santa Gonda, provenute in gran parte dall'eredità di Laura Salviati d'Atri.

All'indomani dell'unità, nel 1866, ebbe termine tuttavia, ad opera delle soppressioni operate dal nuovo governo, la gestione dei frati che, pur rimanendo all'interno dell'istituzione quali medici e infermieri, dovettero cedere l'amministrazione ad una Commissione Amministratrice e poi successivamente al 1890, altra data di rivolgimenti normativi in materia assistenziale, ai primi del XX secolo, ad un Consiglio di Amministrazione.

Nel 1982, l'antico ospedale di San Giovanni di Dio di Borgo Ognissanti, abbellito negli anni da opere pregevoli, quali la bella facciata della chiesa dell'ospedale, opera dello scultore-architetto Carlo Marcellini, la splendida scala dello Sticciati, cessò di esistere e i beni mobili e immobili, costituenti il patrimonio dell'ente, divennero di proprietà del comune di Firenze .

La chiesa di Santa Maria dell'Umiltà

Nel 1635, sulla destra dell'ospedale di san Giovanni di Dio era stata edificata la chiesa di santa maria dell'Umiltà ( dal nome dell'antico ospedale del Vespucci ) e ai primi del '700 dopo la dichiarazione di santità di Giovanni di Dio, si pose mano alla ristrutturazione dell'intero complesso ospedaliero ad opera dell'architetto Carlo Marcellini cui fu affidato il non facile compito di invertire il luogo su cui sorgeva la chiesa con quello dell'ospedale . Del resto sino dal loro ingresso nei locali di Borgo Ognissanti gli ospitalieri di san Giovanni di Dio avevano variato più di una volta la disposizione dei siti ( vedi prima veduta dell'antico ospedale, schizzata a margine di un albero genealogico dei Vespucci ).

Il 22 novembre del 1701 iniziarono i lavori per la costruzione della nuova chiesa e nel luogo dove sorgeva la stalla si intraprese lo scasso delle fondamenta per la costruzione dell'abside. La cupola che la coprì fu affrescata da Alessandro Gherardini prima e dal pittore ungherese tardo-settecentesco, Giuseppe Dorffmeister poi. Per la navata si riutilizzarono i vecchi muri perimetrali dell'infermeria e dell'antica chiesa si recuperarono altari e lapidi reinseriti poi nell'arredo settecentesco.

Al sostenimento economico dei lavori contribuirono le offerte dei confratelli e di un medico di corte, Tommaso Puccini.

Nel 1707 fu iniziata l'erezione della facciata della chiesa in contemporanea con i lavori di riassesto del prospetto dell'intero ospedale, grazie ai denari e alla solidarietà dei confratelli della Provincia romana dell'ordine. I lavori alla facciata della chiesa comportarono non poche difficoltà tecniche per la ristrettezza dello spazio disponibile ma il risultato ottenuto dal Marcellini superò ogni aspettativa.

L'interno è a navata unica e alle pareti trovano posto, due per lato, quattro altari. sempre all'interno il bel dipinto di Alessandro Gherardini, rappresentante la Vergine col bambino e sant'Anna. Sono state recentemente restaurate le campane della chiesa, riprese in questo filmato .

La chiesa di san Salvatore e convento d'Ognissanti

Nella via di Borgo Ognissanti si trova anche la chiesa di san Salvatore d'Ognissanti, fondata dai frati dell'ordine degli Umiliati tra il 1251 e il 1260, insieme al covento detto anch'esso d'Ognissanti. Soppresso l'ordine degli Umiliati nel 1571, convento e chiesa passarono ai francescani .

Entrati i minori osservanti, si iniziarono i lavori di restauro e, nel 1582, in occasione della consacrazione della chiesa, le fu aggiunto il titolo di san Salvatore.

Nel 1627 essi provvidero nuovamente alla ristrutturazione dell'antica chiesa ad opera di Sebastiano Pettirossi e nel 1637 un altro architetto, Matteo Nigetti, mise mano anche alla facciata, rifatta nuovamente e completamente in travertino nel 1872. Originale è invece rimasto a tutt'oggi il campanile, che risale al XIV secolo.

All'interno della chiesa ha luogo la cappella dei Vespucci, che avevano casa nel Borgo d'Ognissanti e l'affresco del Ghirlandaio che raffigura tutta la famiglia, compreso il giovane Amerigo, nato nel 1453.

Ugualmente nella medesima chiesa si trova la tomba di Sandro Botticelli, ( Sandro Filipepi ), figlio di un galigaio operante nel borgo d'Ognissanti e fratello di " Botticello", da cui trasse il nome d'arte.

Nel settore adibito a convento è conservato nel refettorio l'affresco rappresentante l'ultima cena di Domenico Ghirlandaio e un Sant'Agostino del Botticelli.

riguardo alle vicende del convento, di cui qualcosa si è già detto, esso aveva due chiostri, uno maggiore e uno minore. Nel 1602 sopra le porte delle celle del chiostro minore furono dipinti de medaglioni con santi e beati francescani, opera, forse, di Tommaso Pavietti.

Sul chiostro maggiore s'affacciavano la sala del capitolo, la spezieria e il refettorio. Nel 1600 era stato affrescato anche il chiostro maggiore. Nel 1634 si provvedette alla pavimentazione in pietra dei due chiostri, ma la sistemazione definitiva del chiostro maggiore avvenne nel 1772, durata sino al 1966, quando per via dell'alluvione si intervenne sulla pavimentazione e le antiche lapidi.


(Last updated: Tuesday 26 September 1995)
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